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La par condicio durante il periodo di campagna elettorale, imposta a giornalisti ed opinionisti ospiti dei programmi radiotelevisivi di informazione

Un vulnus alla libertà di informazione e al ruolo di garanzia dell’Ordine dei Giornalisti

L’Autorità, infine, nel dispositivo del provvedimento afferma di aver riscontrato “che le modalità di conduzione del programma e la partecipazione con tempi prolungati, spazi dedicati e in assenza di contraddittorio di singoli opinionisti hanno determinato una situazione di svantaggio per alcune forze politiche, che la normativa punta a contrastare, tanto più grave in quanto avvenuta nell’ultima puntata prima del silenzio elettorale, senza dunque alcuna possibilità di riequilibrio in puntate successive” ordinando pertanto all’emittente di dare lettura, ai sensi dell’articolo10, comma 8, lett. a), della legge 22 febbraio 2000, n. 28 e nella prima trasmissione utile del programma, di un messaggio riportante comunicazione della violazione commessa.

 

7. Conclusioni

Il provvedimento AGCOM ora richiamato ha formalmente e simbolicamente sanzionato l’emittente televisiva nazionale, ma non vi è dubbio che i veri destinatari sono tanto il giornalista-conduttore della trasmissione quanto il giornalista-ospite della trasmissione.

Se per il giornalista-conduttore è pur vero che è la legge, richiamata nel precedente secondo paragrafo (articolo 5, comma 3, legge n. 28 del 2000), a prescrivere che “I registi ed i conduttori sono altresì tenuti ad un comportamento corretto ed imparziale nella gestione del programma, così da non esercitare, anche in forma surrettizia, influenza sulle libere scelte degli elettori” (ma per questo sarà il giudice, al quale auspichiamo si rivolgano emittente e giornalista, a decidere se detta norma sia stata effettivamente violata oppure se ad essere violata non sia stata, invece, la libertà editoriale del giornalista e della sua testata),  notiamo che l’Autorità pone in grande evidenza il ruolo “senza contradditorio” avuto del giornalista-ospite, mettendolo a base della motivazione della sanzione irrogata.

In conclusione, possiamo osservare

- se il giornalista-ospite abbia tenuto o no una condotta illegale dovrà essere vagliato solo alla luce delle fonti normative e deontologiche, specificamente rivolte alla professione giornalistica ed esposte al precedente quinto paragrafo; 

- sempre alla luce della fonti ora indicate, dovrà essere stabilito se all’inderogabile obbligo della verità sostanziale dei fatti debba comunque sempre accompagnarsi un obbligo di contraddittorio con il soggetto politico nelle trasmissioni radiotelevisive. 

Ci auguriamo che non solo i soggetti direttamente coinvolti nella vicenda, ma anche l’ente esponenziale e le associazioni della categoria giornalistica vogliano avvalersi della facoltà di impugnare il provvedimento dell’AGCOM dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, al fine di ristabilire il  rispetto delle competenze e garantire non solo l’equilibrio tra soggetti politici ma anche la libertà di informazione, “ch’è sì cara” in egual misura ai cittadini elettori. 

Abstract

L’autore esamina il contenuto delle nuova normativa adottata da AGCOM e Commissione di Vigilanza RAI in occasione delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, che hanno disposto l’obbligo dell’equilibrio anche tra le posizioni espresse dai giornalisti ospiti delle trasmissione radiotelevisive a carattere informativo. Mediante l’analisi di più fonti normative e di una decisione assunta dall’AGCOM nei confronti di un’emittente televisiva, l’Autore contesta la legittimità delle nuove disposizioni adottate dalle due autorità in considerazione della constatata coerenza e completezza della vigente normativa ordinistica posta a disciplina dell’attività giornalistica.

 

Sommario

1. La novità delle disposizioni emanate in occasione della campagna elettorale nazionale del 4 marzo 2018

2. Legge 22 febbraio 2000, n. 28 (Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica)

3. La potestà normativa dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni

4. La potestà normativa della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

 

1. La novità delle disposizioni emanate in occasione della campagna elettorale nazionale del 4 marzo 2018

I primi giorni della campagna delle elezioni politiche del 4 marzo 2018  videro l’insorgere di vivaci polemiche per una inaspettata novità contenuta nelle disposizioni abitualmente impartite al sistema radiotelevisivo sia pubblico che privato all’inizio di ogni campagna elettorale; disposizioni provenienti rispettivamente dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (Commissione di vigilanza RAI) e dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) che operano previa consultazione tra loro, e ciascuna nell'ambito della propria competenza.

Detta innovazione, contenuta nel Provvedimento 9 gennaio 2018 della Commissione e nella delibera n. 1/18/CONS del 10 gennaio dell’AGCOM, prevedeva una sorta di par condicio informativa anche per i giornalisti ospiti delle trasmissioni radiotelevisive di approfondimento informativo, in aggiunta a quella già prevista per quelli che ne sono i naturali destinatari, cioè i candidati alle elezioni o, comunque, gli esponenti politici invitati a tali programmi.

Disposizione, quelle oggetto della presente disamina, destinata, oltre che alla RAI, alle radio e televisioni private che irradiano le proprie trasmissioni a livello nazionale, con esclusione invece di quelle a carattere locale.

La disposizione contestata è la seguente, dettata – a seconda delle competenze sopra ricordate - rispettivamente dall'articolo 2, comma 1, lettera d) del provvedimento 9 gennaio 2018 (http://parlamento17.camera.it/133?documenti_approvati=27)   e dall’articolo 7, comma 4, della delibera n. 1/18/CONS (https://www.agcom.it/documents/10179/9301827/Delibera+1-18-CONS/c63e653f-ca2f-414a-934d-f8f009627e1f?version=1.0):

"È indispensabile garantire, laddove il format della trasmissione preveda l’intervento di un giornalista o di un opinionista a sostegno di una tesi, uno spazio adeguato anche alla rappresentazione di altre sensibilità culturali in ossequio al principio non solo del pluralismo, ma anche del contraddittorio, della completezza e dell’oggettività dell’informazione stessa, garantendo in ogni caso la verifica di dati e informazioni emersi dal confronto."

Immediata la reazione della categoria giornalistica, la quale ha avversato, con alcune eccezioni, tale novità (in proposito, si veda agli indirizzi internet http://www.fnsi.it/par-condicio-fnsi-e-odg-bene-i-chiarimenti-dellagcom-ma-i-giornalisti-andavano-lasciati-fuori e https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/13/par-condicio-perche-e-giusto-che-lagcom-controlli-anche-gli-interventi-dei-giornalisti-in-tv/4090489/.

Bersaglio delle contestazioni è stata però la sola AGCOM, non la Commissione parlamentare di Vigilanza.  Questo può trovare spiegazione nel fatto che la Commissione rivolge le proprie prescrizioni alla sola concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico RAI, nei confronti della quale evidentemente viene non solo condivisa, ma pretesa l’assoluta neutralità in ogni aspetto della propria programmazione. E il perseguimento di tale obiettivo nei confronti della RAI si è spinto fino a inserire la seguente ulteriore limitazione: Ciò è ancor più necessario per quelle trasmissioni che, apparentemente di satira o di varietà, diventano poi occasione per dibattere direttamente o indirettamente temi di attualità politica, senza quelle tutele previste per trasmissioni più propriamente giornalistiche. Limitazione che però, è necessario precisare, non è stata invece ripresa dall'AGCOM per le radio e le televisioni private.

A seguito delle perplessità sollevate da Ordine dei Giornalisti e Federazione della Stampa, l’AGCOM in data 12 gennaio 2018 ha reso i propri «Chiarimenti interpretativi sulla disciplina della parità di accesso nelle trasmissioni di approfondimento informativo» (consultabile in https://www.agcom.it/documents/10179/9301827/Documento+generico+12-01-2018/09fe81c1-3991-4183-8397-c579665a40dd?version=1.4), nei quali – a parte una quasi impercettibile  attenuazione dell’originario tono imperioso (da “È indispensabile garantire uno spazio adeguato anche alla rappresentazione di altre sensibilità culturali…” si è passati a “si richiede sia posta particolare attenzione anche ad altre posizioni che caratterizzano il dibattito politico elettorale…”)  - viene in modo lapalissiano affermato che “la disposizione fa riferimento al caso specifico di programmi extra tg il cui format venga focalizzato sull’approfondimento, esclusivo o prevalente, di un tema specifico, rilevante in merito alla posizione assunta, nei diversi programmi elettorali, dai soggetti politici in competizione”, che è come dire che il principio dell’equilibrato contradditorio non è necessario trovi applicazione nelle trasmissioni che trattino  argomenti non rilevanti per la campagna elettorale.

Ma lasciando a ciascuno di noi la valutazione se l’auspicato incalzare dei giornalisti nei confronti dei politici a volte trascenda in  contrapposizione scorretta e da sopire, esaminiamo ora la vigente normativa di rango primario, al fine di rispondere alla domanda se AGCOM e Commissione parlamentare di Vigilanza abbiano semplicemente inteso dare attuazione e garantire il rispetto della regole già dettate dal legislatore in materia di par condicio elettorale o se, invece, abbiano trasceso nelle proprie funzioni invadendo campi ad esse non spettanti mediante ulteriori disposizioni normative

 

2. Legge 22 febbraio 2000, n. 28 (Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica)

Durante le campagne elettorali e referendarie, primario obiettivo (e assillo) della normativa è quello di garantire la parità di trattamento e l'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici, come disposto dall’articolo 5, comma 1, della legge in materia di par condicio elettorale: "La Commissione e l'Autorità, previa consultazione tra loro e ciascuna nell'ambito della propria competenza, definiscono, non oltre il quinto giorno successivo all'indizione dei comizi elettorali, i criteri specifici ai quali, fino alla chiusura delle operazioni di voto, debbono conformarsi la concessionaria pubblica e le emittenti radiotelevisive private nei programmi di informazione, al fine di garantire la parità di trattamento, l'obiettività, la completezza e l'imparzialità dell'informazione".

È quindi tale articolo di legge (rubricato Programmi d'informazione nei mezzi radiotelevisivi) ad entrare nel concreto del nostro tema, investendo AGCOM e Commissione di vigilanza RAI del compito di definire i “criteri specifici” ai quali dovranno conformarsi tanto la concessionaria pubblica RAI quanto le radio e le televisioni private, “al fine di garantire la parità di trattamento, l'obiettività, la completezza e l'imparzialità dell'informazione”

Inoltre, sempre tale articolo detta direttamente due importanti  assunti per il periodo di par condicio elettorale, vale a dire:

  •  il divieto di fornire, in qualunque trasmissione radiotelevisiva,  indicazioni di voto o manifestare le proprie preferenze di voto, anche in forma indiretta (comma 2);
  •  l’obbligo per registi e conduttori di mantenersi corretti ed imparziali nella gestione del programma di informazione, “così da non esercitare, anche in forma surrettizia, influenza sulle libere scelte degli elettori” (comma 3).

La normativa dettata dalla legge n. 28 del 2000 in materia di par condicio elettorale impone  quindi stringenti obblighi e precisi divieti a “registi e conduttori” dei programmi di informazione, ma nulla dice per i “giornalisti od opinionisti” ospiti di tali programmi e divenuti, inaspettatamente, protagonisti delle disposizioni normative di rango secondario oggetto della presente disamina.

Ma fino a che punto Autorità garante e Commissione di Vigilanza possono spingersi nella propria attività di definizione di “criteri specifici”, ad essi conferita con l’articolo 5, comma 1, della legge n. 28 del 2000? Vediamolo nelle fonti della potestà normativa di tali due organi.

 

3. La potestà normativa dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni

L’articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), al comma 6, lettera b), n. 9, afferma che l’Autorità “garantisce l'applicazione delle disposizioni vigenti sulla propaganda, sulla pubblicità e sull'informazione politica nonché l'osservanza delle norme in materia di equità di trattamento e di parità di accesso nelle pubblicazioni e nella trasmissione di informazioni e di propaganda elettorale ed emana le norme di attuazione” [come successivamente stabilito con delibera n. 315/12/CONS, è al Consiglio dell’Autorità – organo collegiale costituito dal Presidente e da tutti i commissari – che spetta di decidere in materia di pluralismo informativo, comunicazione politica e parità d’accesso ai mezzi di informazione e di pubblicazione e di diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione, “ritenendo, alla luce dell’evoluzione normativa, necessario assicurare uniformità di indirizzo nelle materie in questione dove la presenza di delicati interessi pubblici impone un’attività di alta direzione e coordinamento da parte dell’organo consiliare dell’Autorità”].

A riguardo della forza da attribuire a tali “norme di attuazione” in materia politico-elettorale, si osserva che quando in altri casi ha voluto attribuire potestà regolamentare  all’Autorità, il legislatore della legge n. 249 istitutiva dell’AGCOM  lo ha fatto esplicitamente  (come per il caso della «pubblicazione e la diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa», di cui al successivo n. 12 del citato articolo 1, comma 6, lett. b); nel caso oggetto del nostro esame, però, sono state comunque previste  delle “norme”,  che ci porta quindi  a considerarle delle fonti di rango secondario.

Premesso quanto sopra, l’Autorità potrebbe però spingersi ad integrare eventuali lacune della normativa primaria, con il rischio di violare il principio della gerarchia delle fonti del diritto e, in particolare, l’articolo 4 (Limiti della disciplina regolamentare) delle preleggi?

Ma, ancor più nello specifico, nel presente caso «di un giornalista o di un opinionista a sostegno di una tesi», contemplato dalle  nuove disposizioni di cui all’articolo 7, comma 4, della delibera AGCOM è possibile affermare di essere in presenza di una lacuna normativa?

Prima di trovare la risposta, passiamo ad esaminare anche la fonte della potestà normativa della Commissione di vigilanza RAI.

 

4. La potestà normativa della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Una volta sancito in via generale dalla legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva) che alla Commissione compete la determinazione dell’indirizzo generale e l’esercizio della vigilanza dei servizi radiotelevisivi (articoli 1 e 4), nello specifico del nostro argomento l’articolo 1 (Accesso ai mezzi di informazione) della legge 10 dicembre 1993, n. 515 (Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica) dispone che la Commissione “detta alla concessionaria del servizio pubblico le prescrizioni necessarie a garantire, in condizioni di parità fra loro, idonei spazi di propaganda nell'ambito del servizio pubblico radiotelevisivo, nonché l'accesso a tali spazi alle liste ed ai gruppi di candidati a livello regionale, e ai partiti o ai movimenti politici di riferimento a livello nazionale. La Commissione disciplina inoltre direttamente le rubriche elettorali ed i servizi o i programmi di informazione elettorale della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo nel periodo elettorale, in modo che siano assicurate la parità di trattamento, la completezza e l'imparzialità rispetto a tutti i partiti ed i movimenti presenti nella campagna elettorale.”

La lettera della disposizione normativa sopra riportata potrebbe far pensare ad una sorta di regolamento “indipendente” (facendo riferimento all’ipotetica assenza di disposizione normative di rango primario e al contestuale non inquadramento in una materia soggetta a riserva di legge).

Quindi, parimenti a quanto detto a riguardo della potestà normativa dell’AGCOM, anche per la Commissione di vigilanza RAI è necessario verificare se effettivamente sussista una lacuna normativa da colmare.

 

5. La normativa posta a disciplina dell’attività giornalistica

a. la legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista)

 Per poter effettuare detta verifica, dobbiamo ora esaminare la legge n. 69 del 1963 - istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti - che all’articolo 2 (Diritti e doveri) sancisce quanto segue:

(comma 1) “E' diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.”.

(comma 2) “Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori.”.

(comma 3) “Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori.”.

Disposizione normativa, quella ora richiamata, che àncora l’attività del giornalista a pochi ma fondamentali criteri.  Parafrasando il primo comma sopra riportato, vediamo che i giornalisti vedono assicurata dalla legge la loro piena “libertà di critica” (oltre che di informazione). E ciò non tanto per tutelare il singolo operatore dell’informazione, ma allo scopo di garantire il collettivo diritto di informare contro censure e minacce a chi si ponga alla ricerca della verità; verità da trovare al di là dell’apparenza delle cose adottando un comportamento professionale scevro da imbrogli e che non abbia come scopo nascosto quello di far male a chicchessia.

Un solo limite viene posto: quello delle norme di rango primario dettate a salvaguardia della personalità altrui: il pensiero corre in primo luogo alle  norme che puniscono reati quali ad esempio  la diffamazione commessa col mezzo della stampa (articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47-(Disposizioni sulla stampa), ma il concetto di “personalità” è certamente più vasto e tale da coinvolgere anche l’ambito civilistico (articolo 10 [Abuso dell'immagine altrui] del codice civile); altro esempio è il «diritto di rettifica» (di cui è titolare “chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali, quali in particolare l'onore e la reputazione, o materiali da trasmissioni contrarie a verità”), tutelato nel caso delle emittenti radiotelevisive dall’articolo 32-quinquies del D.Lgs 31 luglio 2005, n. 177 (Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici-TUSMAR), mutuando quanto già previsto per quotidiani, periodici o agenzie di stampa dall’articolo 8 della citata legge n. 47 del 1948.

E a presidio di tale limite soccorre il Titolo III della legge n. 69 del 1963, specificamente dedicato alla disciplina degli iscritti all’Ordine dei Giornalisti, disponendo – all’articolo 48 (Procedimento disciplinare) - che “Gli iscritti nell'albo, negli elenchi o nel registro, che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionali, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell'Ordine, sono sottoposti a procedimento disciplinare.”

Se le norme procedurali sono dettate dalla legge ordinistica n. 69 del 1963 e dal Regolamento per l’esecuzione approvato con il D.P.R. 4 febbraio 1965, n. 115 e s.m.i., potrebbe obiettarsi che tale normativa abbia invece omesso le norme a carattere sostanziale, vale a dire quelle che individuano le fattispecie delle violazioni che saranno poi oggetto del procedimento disciplinare.

Se così fosse, tali norme sostanziali l’interprete dovrebbe andare a cercarle in altri fonti e, in tal caso, potrebbero essere ritenute meritevoli di considerazione quelle dettate dalla Commissione di vigilanza RAI e dall’AGCOM, oggetto della presente disamina.

In realtà, è caratteristica comune degli Ordini e dei Collegi professionali, enti associativi esponenziali della rispettiva categoria, esercitare l’autogoverno della rispettiva classe, compresa la disciplina degli iscritti (con speciale riguardo alle regole di deontologia professionale, che sono precetti prodotti spontaneamente dagli ordinamenti particolari delle singole categorie) [In proposito, si veda Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli 1984, pag. 529 e s.].

L’Ordine dei Giornalisti non fa eccezione a tali principio di carattere generale: anch’esso infatti ha provveduto in tal senso con un proprio codice deontologico, consolidato nel Testo unico dei doveri del giornalista, approvato il 27 gennaio 2016 dal Consiglio nazionale dell’Ordine ed entrato in vigore il successivo 3 febbraio (consultabile all’indirizzo http://www.odg.it/content/testo-unico-dei-doveri-del-giornalista).

Ed è proprio il Testo Unico, affermando così l’autonomia dell’Ordine dei giornalisti, a sancire – all’articolo 15 (Norme applicabili) – che “La violazione delle regole e dei principi contenuti nel «Testo unico» e integranti lo spirito dell’articolo 2 della legge 3.2.1963 n. 69 comporta per tutti gli iscritti all’Ordine dei giornalisti l’applicazione delle norme contenute nel Titolo III della citata legge.”.

Anche se solo per inciso, è necessario ricordare che, a necessario corollario della ora ricordata autonomia, consegue l’autodichìa dell’Ordine dei Giornalisti, prevista in via generale dall’articolo 2229 del codice civile e in modo specifico dall’articolo 49 della legge ordinistica, come integrato dall’articolo 8 del D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137 che sancisce l’istituzione di appositi consigli di disciplina territoriali e di un consiglio di disciplina nazionale.

In proposito, è opportuno precisare che i provvedimenti disciplinari (adottati in primo grado e in appello dai sopra ricordati consigli di disciplina) sono poi ricorribili mediante gli ordinari gradi della giustizia civile dello Stato, dinanzi a collegi nella composizione integrata da componenti dell’Ordine dei Giornalisti (per Tribunali e Corti d’Appello). Infine, sempre per consentire la nomofilachìa dell’ordinamento, i provvedimenti assunti in sede di c.d. “giustizia domestica” sono sempre ricorribili dal pubblico ministero.

 

b.  Il Testo Unico dei doveri dei giornalisti

Quello che è il vigente Codice deontologico dei giornalisti italiani è così articolato:

Testo unico dei doveri del giornalista, integrato dai seguenti  cinque allegati (consultabili su http://www.odg.it/category/categoria-leggi/deontologia)

- Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica

- Carta di Treviso (Doveri nei confronti dei minori)

- Glossario Carta di Roma (Doveri nei confronti degli stranieri)

- Carta dei doveri dell’informazione economica

- Carta di Firenze (deontologia sulla precarietà nel lavoro giornalistico)

Notiamo che sin dall’articolo 1 (Libertà d’informazione e di critica) del Testo unico, viene posto in chiaro  che “L’attività del giornalista, attraverso qualunque strumento di comunicazione svolta, si ispira alla libertà di espressione sancita dalla Costituzione italiana  ed è regolata dall’articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963”.

L’articolo 2 (Fondamenti deontologici) approfondisce il concetto, ricordando quanto segue:

“Il giornalista: 

a. difende il diritto all’informazione e la libertà di opinione di ogni persona; per questo ricerca, raccoglie, elabora e diffonde con la maggiore accuratezza possibile ogni dato o notizia di pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti;       

(…)

d. accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla deontologia professionale”.

Ecco allora che equilibrato contraddittorio e completezza e oggettività dell’informazioneche Autorità di garanzia e Commissione di vigilanza RAI pretendono dalle emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale, in realtà li troviamo già tutelati da pochi ma chiari principi in questo caso posti sì da una fonte primaria, e cioè dall’articolo 2 (brevemente, ma esaustivamente rubricato “Diritti e doveri”) della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti: 

Diritti del giornalista

- libertà di informazione e di critica (definito diritto insopprimibile)

 Doveri del giornalista

- tutela della personalità altrui

- rispetto della verità sostanziale dei fatti (definito obbligo inderogabile)

- lealtà e buona fede

- rettifica delle notizie che risultino inesatte

- riparazione degli eventuali errori

- rispetto del segreto professionale sulla fonte delle notizie (quando richiesto dal carattere fiduciario)

- promozione dello spirito di collaborazione tra colleghi, della cooperazione fra giornalisti e editori, e della fiducia tra la stampa e i lettori.

È difficile affermare che quanto appena  riportato non costituisca la valida bussola per valutare eventuali comportamenti scorretti di giornalisti od opinionisti, ospiti dei programmi di informazione radiotelevisivi durante i periodi di campagna elettorale o referendaria; altresì, è sbagliato considerare i giornalisti (come abbiamo visto, tenuti all’inderogabile obbligo del rispetto della verità sostanziale dei fatti)  alla stessa stregua dei politici che sono soggetti – nell’esporre le proprie argomentazioni – ai meno stringenti, pur se importanti, obblighi dettati dal rispetto dei criteri di competenza, opportunità e buon senso.

In altre parole un giornalista è già tenuto all’obiettività e al rispetto della verità, e se ad esse  non si attiene la normativa già prevede fattispecie sanzionatorie e rito da seguire.

AGCOM e Commissione di Vigilanza RAI non possono pertanto invocare alcuna lacuna normativa da colmare, configurandosi conseguentemente la illegittimità della normativa a carattere secondario dettata da tali autorità nel gennaio 2018.

Se, esclusa pertanto l’esistenza di lacune normative, si ritenesse comunque necessario il porre rimedio ad una presunta invadenza di giornalisti che facciano politica a favore di qualche partito senza però aver prima svestito i panni del rispettato fustigatore della mala politica, la strada non potrebbe che essere quello di modificare esplicitamente la legge, senza alcuna scorciatoia che sempre è irrispettosa dei princìpi della separazione dei Poteri e della democrazia parlamentare.

A tale proposito, per quanto riguarda l’AGCOM è la stessa legge n. 249 del 1997 (articolo 1, comma  6, lett. c), numero 1) a consentire  al Consiglio dell’Autorità la segnalazione al Governo dell’opportunità di interventi anche legislativi, mentre per la Commissione di vigilanza RAI non vi è neanche la necessità di parlarne, considerando le attribuzioni costituzionali  (ex articolo 71 Cost.) di coloro che la compongono.

A conclusione del presente ragionamento, richiamo quanto affermato dalla Commissione di vigilanza RAI in quella estensione (rivolta solo alla concessionaria pubblica del servizio radiotelevisivo) del preteso equilibrio informativo anche a quelle “trasmissioni che, apparentemente di satira o di varietà, diventano poi occasione per dibattere direttamente o indirettamente temi di attualità politica, senza quelle tutele previste per trasmissioni più propriamente giornalistiche.”

E quali sarebbero “quelle tutele previste per trasmissioni più propriamente giornalistiche”? Forse, sia pure inconsciamente, è un riconoscimento alla coerenza e completezza della normativa ordinistica posta a disciplina dell’attività giornalistica.

6. La concreta applicazione della nuova disposizione (delibera AGCOM n. 131/18/CONS)

Il ragionamento sopra esposto avrebbe potuto essere puramente accademico, così come essere difficilmente applicabile la normativa che abbiamo fatto oggetto di critica, senonché – proprio al termine della campagna delle elezioni politiche del 4 marzo 2018 – l’AGCOM ha proceduto nei confronti di un’emittente televisiva nazionale (vedi nel sito dell’Autorità all’indirizzo https://www.agcom.it/documents/10179/9780090/Delibera+131-18-CONS/a572b76a-b1de-4c42-9865-072e6c7f47ee?version=1.0), irrogando una sanzione amministrativa. 

Ebbene, nelle motivazioni del provvedimento sanzionatorio dell’Autorità (delibera n. 131/18/CONS del  6 marzo 2018) troviamo citato anche il comma 4 dell’articolo 7 della citata delibera AGCOM n. 1/18/CONS (che, a parere della memoria difensiva, “si discosta dalla prassi attuativa della normativa primaria in materia di parità di condizioni nell’accesso alla comunicazione politica e all’informazione estendendo i criteri alla base della verifica del rispetto della par condicio da parte di AGCOM a elementi qualitativi in relazione alla presenza di giornalisti, opinionisti e altri soggetti presenti non politici, fino a introdurre elementi relativi al confezionamento di un programma televisivo, quali i contributi filmati, la ricostruzione delle vicende narrate, la composizione e il comportamento del pubblico in studio”). 

L’Autorità garante, nel premettere che “l’attività di informazione radiotelevisiva costituisce un servizio di interesse generale che deve garantire la presentazione veritiera dei fatti e degli avvenimenti, in modo tale da favorire la libera formazione delle opinioni e l’accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità, nelle forme e secondo le modalità indicate dalla legge”, ricorda che nei programmi appartenenti all’area dell’informazione va assicurata “l’equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche ed il corretto svolgimento del confronto politico su cui si fonda il sistema democratico, nel rispetto dell’autonomia editoriale e giornalistica e della correlazione dell’informazione ai temi dell’attualità e della cronaca politica”. 

Il provvedimento dell’AGCOM prosegue affermando che “la visione del programma ha evidenziato alcuni elementi - quali l’organizzazione degli interventi, i riferimenti a leader o soggetti politici in assenza di contraddittorio, le modalità di rappresentazione dei capi delle diverse forze politiche in competizione e dei rispettivi programmi, il ruolo del pubblico, la citazione di sondaggi, la rappresentazione degli scenari successivi al voto - che, pur nell’osservanza della libertà editoriale della testata e dell’autonomia del conduttore, configurano una serie di violazioni dell’effettivo rispetto dei principi di imparzialità e obiettività da parte del conduttore medesimo” e che nel corso di un’intervista ad un giornalista, autore di un libro, “il giornalista-autore ha espresso in maniera puntuale la propria opinione critica sulla figura e sulla proposta politica” di un personaggio politico, “esprimendo un apprezzamento” a riguardo delle scelte di un altro e che “tali opinioni sono state espresse in assenza di ogni forma di contraddittorio”.