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Appalto - Tribunale di Bologna: ok ai KPI, ma il committente risponde per concorso nell’inadempimento dell’appaltatore se richiede prestazioni superiori e diverse da quelle contrattualmente previste

Appalto - Tribunale di Bologna: ok ai KPI, ma il committente risponde per concorso nell’inadempimento dell’appaltatore se richiede prestazioni superiori e diverse da quelle contrattualmente previste
Appalto - Tribunale di Bologna: ok ai KPI, ma il committente risponde per concorso nell’inadempimento dell’appaltatore se richiede prestazioni superiori e diverse da quelle contrattualmente previste

Il Tribunale di Bologna ha stabilito che, in tema di appalti, in caso di mancato raggiungimento degli standard contrattualmente previsti, il committente risponde per concorso nell’inadempimento del debitore ai sensi dell’articolo 1227 del Codice Civile se richiede prestazioni diverse da quelle concordate che comportino un aggravio degli oneri in capo all’appaltatore.

 

Il caso in esame

Una società conveniva in giudizio una società di servizi di logistica, con la quale aveva stipulato un contratto di appalto, avente ad oggetto, oltre al deposito di merce presso il magazzino della convenuta, l’esecuzione di “tutti i servizi funzionali alla gestione del ciclo distributivo relativo al deposito, allo stoccaggio, alla movimentazione, all’approntamento delle spedizioni, compresi i servizi accessori di carattere amministrativo, fiscale, contabile”, chiedendo l’accertamento dell’avvenuta risoluzione del contratto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1456 del Codice Civile, il pagamento delle penali contrattualmente previste e il risarcimento di ulteriori danni.

In primo luogo, parte attrice lamentava un inadempimento contrattuale per mancato raggiungimento dei K.P.I. (“Key Performance Indicators”, ossia indici di monitoraggio dell’efficienza e della correttezza di un determinato processo aziendale).

Inoltre, contestava alla controparte una inefficiente gestione dei servizi logistici e chiedeva il risarcimento del danno per i minori confezionamenti effettuati rispetto a quelli richiesti. In particolare, era più volte accaduto che, ricevuto un ordine di spedizione per un certo numero di prodotti, la convenuta avesse risposto a parte attrice di non rinvenire nel proprio deposito i quantitativi di merce che, invece, in base alle rivelazioni elettroniche, avrebbero dovuto essere presenti.  

Con comparsa di costituzione e risposta, la convenuta chiedeva l’accertamento della responsabilità della parte attorea per il proprio inadempimento contrattuale e formulava domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna della stessa a titolo di risarcimento danni ai sensi dell’articolo 1671 del Codice Civile per spese ed investimenti effettuati, lavori già svolti e mancato guadagno.

La decisione del Tribunale di Bologna

Il Tribunale ha ritenuto provato l’inadempimento della convenuta, sulla base della documentazione prodotta da parte attrice, da cui emergeva un rendimento considerevolmente inferiore al target per le attività di gestione ingressi (on time inbound-PF), gestione resi (on time inbound resi), gestione uscite (on time outbound-PF). Trattasi dei cd. KPI Timing. Dalla documentazione prodotta, emergevano, inoltre, anomalie di confezionamento, in quanto inferiori al target prefissato (KPI Quality).

Con riferimento al danno per inefficiente gestione dei servizi logistici, il giudicante ha ritenuto provata la pretesa attorea, sulla base di una serie di email che confermavano continue discrepanze tra le quantità formalmente risultanti dalle evidenze di magazzino contabile e le giacenze fisiche effettivamente verificabili all’interno del magazzino. Il dato era stato, poi, confermato dal CTU, il quale aveva quantificato i danni per perdita degli ordini richiesti per oltre un milione e mezzo di euro.

Ciononostante, il giudicante ha ritenuto di dover ridurre tale somma ad equità, ritenendo sussistente una, inevitabile, differenza tra il valore algebrico e il vero e proprio danno emergente e lucro cessante: ciò in considerazione del ritrovamento, seppur successivo, di parte dei beni (circostanza non smentita da parte attrice). Dunque, pur essendovi stati dei minori confezionamenti, i beni, poi ritrovati, avevano avuto presumibilmente un confezionamento successivo.

Peraltro, il Tribunale ha ritenuto che il mancato confezionamento avesse comunque rappresentato per parte attrice un danno in termini di mancato guadagno, atteso che il rinvenimento successivo della merce non aveva evitato la perdita dell’affare, stante l’assenza di un interesse da parte dei clienti di ricevere tardivamente la merce ordinata.

Alla luce della difficoltà di liquidare esattamente il danno economico subito da parte attrice, il giudicante ha ritenuto di liquidare il danno economico per la mancata consegna della merce ordinata nella somma di un milione di euro.

Non di meno, il Tribunale ha ritenuto provato che, a fronte di accordi per un quantitativo di merce in entrata, la convenuta aveva ricevuto in un’unica trance un quantitativo molto superiore e ciò aveva rallentato e reso più difficoltosa l’attività della società appaltatrice. Inoltre, dall’istruttoria svolta era emerso che grandi quantitativi di merce avevano stazionato presso il magazzino della convenuta per molto tempo, in attesa che la società attrice risolvesse problemi commerciali con i clienti, con conseguente occupazione di notevole spazio dei locali e impossibilità di ricevere ulteriore merce.

Infine, l’aumento dei quantitativi di merce in entrata e in uscita rispetto a quelli concordati aveva costretto la società appaltatrice a reperire personale aggiuntivo e strumentazione ulteriore rispetto a quella dalla stessa preventivata.

Il comportamento tenuto da parte attrice, ritenuto in contrasto con i canoni di diligenza nell’esecuzione del rapporto contrattuale, nonché di collaborazione del creditore all’opera del debitore, aveva costretto controparte a lavorare a condizioni, sia pur parzialmente, diverse da quelle pattuite o comunque sulle quali si poteva fare ragionevolmente affidamento.

Tale condotta, seppur non idonea ad esonerare la società appaltatrice dal rispondere dei danni conseguenti al proprio inadempimento, certamente si configurava alla stregua di un concorso di parte attrice nella causazione del disagio organizzativo in capo alla convenuta, sì da portarla a non raggiungere i target prefissati. Detta condotta, qualificabile come fatto colposo idoneo, ai sensi dell’articolo 1227, comma primo, del Codice Civile, a diminuire il risarcimento dei danni cui la convenuta era tenuta, è stato equitativamente quantificato dal Tribunale nella misura del trenta per cento.

Conclusivamente, il Tribunale di Bologna ha condannato la convenuta a pagare il settanta per cento dei danni equitativamente determinati cagionati alla parte attrice per il mancato raggiungimento dei target prefissati.

(Tribunale di Bologna - Sezione Seconda Civile, Sentenza 20 luglio 2017, n. 1583)