x

x

Periodici - Cassazione Civile: se vuoi tutelare la testata devi anche pubblicare il giornale

Periodici - Cassazione Civile: se vuoi tutelare la testata devi anche pubblicare il giornale
Periodici - Cassazione Civile: se vuoi tutelare la testata devi anche pubblicare il giornale

La Corte di Cassazione ha affermato che il titolo (c.d. testata) del giornale, delle riviste o di altre pubblicazioni periodiche, anche se frutto di un pensiero originale, non costituisce in sé e per sé un’opera dell’ingegno, non avendo una funzione creativa, ma esclusivamente una funzione distintiva: esso, pertanto, non è tutelato come bene autonomo, non potendo la sua protezione prescindere dall’attuale esistenza dell’opera.

Inoltre, l’opera dell’ingegno deve essere caratterizzata da originalità e capacità distintiva, entrambi elementi imprescindibili dell’illecito concorrenziale da imitazione servile, la cui sussistenza deve essere provata in via cumulativa, da chi agisce ex articolo 2598, n. 1, Codice Civile.

La Corte statuisce anche come la violazione di norme pubblicistiche, volte a regolare l’attività imprenditoriale, costituisca antecedente di un atto di concorrenza sleale solo qualora la condotta sia volta a determinare, seppur indirettamente, un artificioso squilibrio delle condizioni di mercato.

 

Il caso

La Corte di Appello di Milano (Sezione specializzata in materia di Impresa), nel confermare la decisione assunta in primo grado dal giudice di merito, rigettava la domanda di parte attrice volta all’accertamento di atti di concorrenza sleale, da parte della società convenuta, per asserita identità di opere.

In particolare, la prima lamentava la pubblicazione, da parte della seconda, di una testata e dell’impostazione grafica già utilizzate in un inserto della società attrice (edito in passato dalla convenuta quale supplemento del periodico mensile) nonché di un’altra testata registrata della società agente, nel giugno 2009, presso il Tribunale di Roma, con relativa assegnazione del codice internazionale International Standard Serial Number o “ISSN”.

Nel merito, la Corte di Appello confermava l’insussistenza di una violazione dell’articolo 2598, n. 1, Codice Civile (c.d. “imitazione servile”) e n. 3 Codice Civile (violazione dei principi di correttezza professionale).

Innanzitutto, con riguardo alla prima disposizione menzionata, già in primo grado, si era negata una qualsivoglia efficacia distintiva dell’inserto pubblicato dall’attrice per mancata dimostrazione dei dati di distribuzione dell’inserto stesso o della rivista, posto che al momento dell’uscita della testata edita, la rivista dell’attrice si trovava ancora in fase di elaborazione e non poteva pertanto “avere acquisito alcun effetto distintivo presso il pubblico”.

Con riguardo invece all’inosservanza dei principi di correttezza professionale di cui al n. 3 dell’articolo 2598 Codice Civile, i giudici in sede di impugnazione escludevano una qualsivoglia condotta colpevole da parte della convenuta, dal momento che quest’ultima non avrebbe potuto conoscere la domanda di registrazione effettuata  presso il Tribunale di Roma, né tantomeno tale conoscenza era stata provata dalla società attrice e non derivando, in ogni caso, dalla conseguente attribuzione del codice “ISSN”, “alcun diritto di privativa”.

La decisione assunta dalla Corte di legittimità

La Corte di Cassazione nel confermare quanto statuito nel giudizio d’appello chiarisce che, per la configurazione dell’illecito concorrenziale confusorio ex articolo 2598, n. 1, Codice Civile, deve sussistere la capacità distintiva della pubblicazione (intesa quale idoneità a distinguere i prodotti di un determinato imprenditore da quelli analoghi di un altro) elemento che non ricorre con riguardo alla testata (o “titolo”) del periodico, a seguito di mera registrazione avanti il tribunale, ai sensi dell’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, disposizione avente natura amministrativa.

Ed infatti, la decisione in esame fa proprio un principio di diritto, già enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il titolo di un’opera periodica non è caratterizzato da una sua propria autonomia (ossia, anche se originale non costituisce opera dell’ingegno, in quanto non dotato di funzione creativa) e, pertanto, riceve tutela solo in quanto accessorio all’opera; in sostanza, la tutela del primo non può prescindere dall’effettiva esistenza della seconda (si veda a tale proposito l’articolo 100 legge 22 aprile 1941 n. 633).

Inoltre, l’originalità del prodotto e la sua capacità distintiva, sono elementi imprescindibili dell’illecito concorrenziale da imitazione servile, la cui sussistenza deve essere provata, da chi agisce ex articolo 2598, n. 1, Codice Civile, in via cumulativa e non in via alternativa. Pertanto non si ritiene integrato l’illecito di cui sopra in mancanza di anche solo uno degli elementi essenziali della fattispecie.

Con riguardo invece alla violazione dell’articolo 2598, n. 3, Codice Civile, la Corte afferma che la sola violazione di norme pubblicistiche non implica necessariamente condotta anticoncorrenziale, attesa la molteplicità di norme che incidono sul corretto svolgimento dell’attività imprenditoriale. Ed invero, occorre distinguere tra norme che prescrivono dei limiti all’attività imprenditoriale stessa (la cui inosservanza implica sempre un atto contrario ai principi di correttezza professionale e, dunque, di concorrenza sleale) e quelle che impongono costi (come ad esempio disposizioni fiscali o prescrizioni igienico-sanitarie) la cui violazione può cagionare solo in via indiretta un illecito anticoncorrenziale; ciò si verifica certamente qualora sia dimostrato che la condotta (posta in violazione della norma pubblicistica) sia dettata dall’intento “malizioso ed artificioso” di alterare le condizioni di mercato.

In conclusione, la Corte di legittimità conferma la pronuncia di secondo grado con la quale veniva esclusa la sussistenza di un illecito anticoncorrenziale, sia con riguardo all’articolo 2958, n.1, Codice Civile in quanto non provata la capacità distintiva dell’opera (elemento costitutivo che deve ricorrere in via cumulativa con l’originalità dell’opera), e sia all’articolo 2598, n. 3, Codice Civile per mancanza di prova circa l’esistenza di una condotta diretta a danneggiare la concorrente o comunque di una maliziosa ed artificiosa attività anticoncorrenziale. 

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza 16 febbraio - 19 aprile 2018, n. 9770)