x

x

Truffa - Cassazione Penale: il reato si consuma con la definitiva perdita da parte della persona offesa della possibilità di esercitare una qualsiasi azione giudiziale sul bene

Truffa - Cassazione Penale: il reato si consuma con la definitiva perdita da parte della persona offesa della possibilità di esercitare una qualsiasi azione giudiziale sul bene
Truffa - Cassazione Penale: il reato si consuma con la definitiva perdita da parte della persona offesa della possibilità di esercitare una qualsiasi azione giudiziale sul bene

La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel caso di preliminare di vendita, il reato di truffa, che è reato istantaneo e di danno, si consuma non al momento dell’ultimo versamento di denaro da parte della vittima, ma al momento della definitiva perdita da parte di quest’ultima della possibilità di esercitare un’azione giudiziale sul bene, in quanto ceduto a terzi in buona fede.

 

Il caso in esame

Un soggetto, condannato per il reato di truffa aggravata per aver promesso in vendita un appartamento che, dopo aver incassato gli acconti previsti dal preliminare di vendita, aveva poi venduto a terzi, proponeva ricorso per cassazione, deducendo la prescrizione del reato per cui aveva subito condanna, essendo interamente decorso il termine di prescrizione previsto dalla legge, decorrente dal giorno dell’effettuazione da parte della persona offesa dell’ultimo versamento di denaro.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza delle doglianze.

In particolare, la Corte ha osservato che per il delitto di truffa contrattuale, reato istantaneo e di danno, il momento di consumazione, da cui decorre la prescrizione del reato, “va determinato alla luce delle peculiarità del singolo accordo, avuto riguardo alle modalità ed ai tempi delle condotte, onde individuare, in concreto, quando si è prodotto l’effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente”.

Nel caso di specie, pur avendo l’imputato conseguito il profitto con l’ottenimento dell’ultima rata prevista dal preliminare di vendita, la persona offesa era rimasta effettivamente danneggiata solo al momento della vendita da parte del promissario venditore del bene oggetto del contratto, in quanto solo da quel momento la vittima aveva perso la possibilità di esercitare una qualsiasi azione giudiziale sul bene oggetto del contratto, non più nella disponibilità del promittente venditore.

È da questo momento – continua la Corte – che la truffa contrattuale deve ritenersi consumata in aderenza alla concezione economica del danno secondo la quale il reato si consuma nel momento in cui il raggirato perde definitivamente il bene oggetto della truffa (nella specie, l’immobile promesso in vendita). Di conseguenza, poiché il dies a quo ai fini della prescrizione (pari ad anni sette e mesi sei) va fatto decorrere dal [giorno della vendita del bene a terzi], il reato, al momento della sentenza impugnata, non si era ancora prescritto”.

La Suprema Corte ha, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: “nel caso di un contratto preliminare, il reato di truffa, quand’anche il promissario acquirente abbia versato l’intero prezzo pattuito, si consuma nel momento in cui il raggirato abbia perso definitivamente il bene oggetto della truffa non potendo esercitare su di esso più alcuna azione giudiziale essendo stato venduto dal promittente venditore ad un terzo in buona fede”.

Per le ragioni di cui sopra, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 2.000,00 a favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile costituita in giudizio.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 23 maggio 2018, n. 23080)