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PEC - Cassazione Civile: valida la notificazione presso la casa comunale qualora la notifica via PEC e presso la sede dichiarata abbiano avuto esito negativo

PEC - Cassazione Civile: valida la notificazione presso la casa comunale qualora la notifica via PEC e presso la sede dichiarata abbiano avuto esito negativo
PEC - Cassazione Civile: valida la notificazione presso la casa comunale qualora la notifica via PEC e presso la sede dichiarata abbiano avuto esito negativo

 

La Corte di Cassazione ha stabilito che, al fine di instaurare correttamente il contraddittorio tra le parti nel procedimento di fallimento, l’atto introduttivo può essere notificato validamente, qualora si siano rivelati infruttuosi i tentativi di notificazione attraverso PEC e presso la sede legale, attraverso il mero deposito del ricorso e del decreto presso la casa comunale.

Svolgimento del processo

In un procedimento per la dichiarazione di fallimento, il ricorso introduttivo e il decreto di convocazione erano notificati alla società debitrice mediante deposito nella casa comunale, poiché per la stessa, cancellata anche dal registro delle imprese, era stato impossibile effettuare la notifica presso la sede sociale.

Il Tribunale dichiarava il fallimento della società, che non si era costituita in giudizio ed era rimasta contumace. La stessa proponeva reclamo avverso la sentenza, deducendo la nullità della notificazione del ricorso e del decreto mediante deposito presso la casa comunale, in quanto avvenuta in assenza delle formalità previste dal codice di rito agli articoli 140 (“Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia”) e 143 (“Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti”).

La Corte territoriale rigettava il reclamo ritenendo di dover applicare nel caso concreto non le richiamate disposizioni del codice di rito, ma l’articolo 15 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (“Legge Fallimentare”), a norma del quale “la notificazione – che non può essere compiuta con le modalità esposte dallo stesso articolo – si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso”.

Avverso tale sentenza, la società dichiarata fallita proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 10 e 15 della Legge Fallimentare (primo motivo) e degli articoli 143 e 145 del codice di procedura civile, in relazione all’articolo 15 della Legge fallimentare (secondo motivo).

Sulle modalità di notificazione e sulla questione di legittimità costituzionale

Con la sentenza in oggetto, i giudici di legittimità si pronunciano sulla recente disciplina (introdotta dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179) avente ad oggetto l’instaurazione del contraddittorio nel procedimento per la dichiarazione di fallimento.

L’articolo 15 della Legge Fallimentare prevede un duplice meccanismo di ricerca della società di cui si chiede il fallimento: (i) innanzitutto, la notifica deve essere effettuata all’indirizzo PEC che, a norma di legge, deve rimanere attivo per tutta la durata della vita della società; (ii) in caso di esito negativo, la notificazione deve essere effettuata alla sede legale dell’impresa. Qualora anche questo tentativo risulti vano, la notificazione si intende perfezionata con l’affissione presso la casa comunale.

Su tale norma, la Corte Costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi con la sentenza n. 146/2016, con la quale dichiarava infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dell’articolo 15, comma terzo, della Legge Fallimentare.

La Consulta ha, infatti, rilevato l’insussistenza della violazione del principio di uguaglianza, dedotto per la diversità tra il procedimento di notifica del ricorso e del decreto ai fini della dichiarazione di fallimento e quello ordinario di notifica di cui all'articolo 145 del codice di rito. La maggiore semplicità del procedimento nell’ambito della procedura fallimentare si giustifica, a giudizio della Corte Costituzionale, per via della necessità di sintetizzare “il diritto di difesa tutela del diritto di   difesa dell’imprenditore (collettivo) con le esigenze di celerità e speditezza cui deve essere improntato il  procedimento  concorsuale.

La decisione della Cassazione

La Cassazione, con la sentenza in oggetto, ha rigettato il ricorso ritenendo infondato il primo motivo ed inammissibile per carenza di interesse il secondo e ha affermato il seguente principio operativo: la notificazione dell’atto introduttivo del procedimento prefallimentare è valida se effettuata all’indirizzo PEC comunicato al registro delle imprese, anche quando la società è già stata cancellata dal registro delle imprese; in subordine, essa può avvenire presso la sede legale della stessa; infine, in ulteriore subordine, è valida la notifica mediante semplice affissione presso la casa comunale.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 settembre 2016, n. 17946)

 

La Corte di Cassazione ha stabilito che, al fine di instaurare correttamente il contraddittorio tra le parti nel procedimento di fallimento, l’atto introduttivo può essere notificato validamente, qualora si siano rivelati infruttuosi i tentativi di notificazione attraverso PEC e presso la sede legale, attraverso il mero deposito del ricorso e del decreto presso la casa comunale.

Svolgimento del processo

In un procedimento per la dichiarazione di fallimento, il ricorso introduttivo e il decreto di convocazione erano notificati alla società debitrice mediante deposito nella casa comunale, poiché per la stessa, cancellata anche dal registro delle imprese, era stato impossibile effettuare la notifica presso la sede sociale.

Il Tribunale dichiarava il fallimento della società, che non si era costituita in giudizio ed era rimasta contumace. La stessa proponeva reclamo avverso la sentenza, deducendo la nullità della notificazione del ricorso e del decreto mediante deposito presso la casa comunale, in quanto avvenuta in assenza delle formalità previste dal codice di rito agli articoli 140 (“Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia”) e 143 (“Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti”).

La Corte territoriale rigettava il reclamo ritenendo di dover applicare nel caso concreto non le richiamate disposizioni del codice di rito, ma l’articolo 15 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (“Legge Fallimentare”), a norma del quale “la notificazione – che non può essere compiuta con le modalità esposte dallo stesso articolo – si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso”.

Avverso tale sentenza, la società dichiarata fallita proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 10 e 15 della Legge Fallimentare (primo motivo) e degli articoli 143 e 145 del codice di procedura civile, in relazione all’articolo 15 della Legge fallimentare (secondo motivo).

Sulle modalità di notificazione e sulla questione di legittimità costituzionale

Con la sentenza in oggetto, i giudici di legittimità si pronunciano sulla recente disciplina (introdotta dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179) avente ad oggetto l’instaurazione del contraddittorio nel procedimento per la dichiarazione di fallimento.

L’articolo 15 della Legge Fallimentare prevede un duplice meccanismo di ricerca della società di cui si chiede il fallimento: (i) innanzitutto, la notifica deve essere effettuata all’indirizzo PEC che, a norma di legge, deve rimanere attivo per tutta la durata della vita della società; (ii) in caso di esito negativo, la notificazione deve essere effettuata alla sede legale dell’impresa. Qualora anche questo tentativo risulti vano, la notificazione si intende perfezionata con l’affissione presso la casa comunale.

Su tale norma, la Corte Costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi con la sentenza n. 146/2016, con la quale dichiarava infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dell’articolo 15, comma terzo, della Legge Fallimentare.

La Consulta ha, infatti, rilevato l’insussistenza della violazione del principio di uguaglianza, dedotto per la diversità tra il procedimento di notifica del ricorso e del decreto ai fini della dichiarazione di fallimento e quello ordinario di notifica di cui all'articolo 145 del codice di rito. La maggiore semplicità del procedimento nell’ambito della procedura fallimentare si giustifica, a giudizio della Corte Costituzionale, per via della necessità di sintetizzare “il diritto di difesa tutela del diritto di   difesa dell’imprenditore (collettivo) con le esigenze di celerità e speditezza cui deve essere improntato il  procedimento  concorsuale.

La decisione della Cassazione

La Cassazione, con la sentenza in oggetto, ha rigettato il ricorso ritenendo infondato il primo motivo ed inammissibile per carenza di interesse il secondo e ha affermato il seguente principio operativo: la notificazione dell’atto introduttivo del procedimento prefallimentare è valida se effettuata all’indirizzo PEC comunicato al registro delle imprese, anche quando la società è già stata cancellata dal registro delle imprese; in subordine, essa può avvenire presso la sede legale della stessa; infine, in ulteriore subordine, è valida la notifica mediante semplice affissione presso la casa comunale.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 13 settembre 2016, n. 17946)